Gulistan. La voce della memoria

Andrea Granchi

Direttore del Accademia di pittura di Accademia Delle Arti Del Disegno

Nei lavori di Gulistan emerge in primo luogo un forte sentimento del trascorrere del tempo, un Tempo non crudele ma visto come entità generosa, benevola, in grado certo di consumare le cose e le forme ma anche di sedimentare memorie, immagini, tracce che rimangono come sospese a formare un repertorio in equilibrio tra visione e realtà, tra immagine sognata o ricordata.


Il suo richiamare col pensiero e col disegno figure o icone della pittura antica oppure moderna, sia orientale che occidentale, intrecciando i tempi e gli stili con accostamenti o attraversamenti in grado di stimolare anche la mente dello spettatore, caratterizza il linguaggio di questa pittrice dalla forte ed evocatrice sensibilità.


Le sue opere, ordinate in cicli, appaiono caratterizzate da un senso poetico votato alla ricorrente nostalgia per un passato dall’antico splendore, ormai lontano, rievocato attraverso una gamma cromatica lieve e variata, di sapore quasi musicale.


Non a caso ella stessa sostiene come la musica e la poesia siano ingredienti essenziali nel suo operare. Non mi è dato sapere se Gulistan, mentre lavora, ascolti musica, ma mi piace pensarlo, mi piace vederla irrorata della polifonia sublime di Bach – uno dei suoi ascolti prediletti come ella stessa ci dice – stendere contrappunti visivi sulla tela, accostando rivisitazioni lontane che attraversano come ombre o fantasmi la scena, lasciando una flebile sinopia sulla superficie accostata al profumo evocato di fiori fluttuanti nell’aria. Esempio di simili modalità è il dipinto “Everyone has a golden childhood in his heart, which will illuminate our life”.

Former glory IV

Talvolta queste Essenze di memoria fanno affiorare intrecci più complessi di segni che paiono lo stratificarsi di più impronte, una sull’altra, come può fare solo il sedimento del tempo, gli infiniti gesti compiuti, le tante cose viste e vissute e quanto di tutto ciò, nella consunzione e circolarità del tempo che scorre, rimane appunto nella memoria. Emblematici in questo senso il tondo del 2009 “Tales of time I”, e il recente olio su tela “Gaze”(Sguardo) del 2020.

Memory of the portrait -A piece of golden

Vi è una foto che probabilmente risale ad un momento del suo Wondering in Europe, e certamente presa qui in Italia – meta da sempre di quel Grand Tour che portava artisti di tutto il modo a svilupparsi tecnicamente ed emozionalmente nelle nostre terre dense di storia e ricche di bellezze architettoniche e paesaggistiche – in grado, più di altre testimonianze, di chiarire il senso del suo fare pittura. Una immagine, questa, in cui la pittrice sfiora con una mano, quasi una carezza, quel che rimane di un affresco corroso dal tempo su una parete di un edificio antico. In quel gesto di tenerezza affettuosa vi è una chiara dichiarazione di accoglienza di tutto quanto il Tempo ci da e ci toglie, lasciandoci, in questo breve nostro momento vitale, il patrimonio dei ricordi, delle memorie, ma anche segnali e immagini di ciò che è tramandato dalla storia, di ciò che di bello è stato fatto e che in gran parte è ancora tra noi, la vera nostra ricchezza di esseri umani nell’arco breve della nostra esistenza.

Tracce dunque del percorso immaginifico e del pensiero di Gulistan ci appaiono evidenti in alcuni cicli di lavori dai titoli assai suggestivi ed evocativi: The Essence of Time, The Tales abaut Time, Portait in Memory, in cui il tema della rievocazione attraverso tracce volutamente consunte, fragili, come resti archeologici di una vita vissuta in tempi lontani e riaffiorata da una dimensione sospesa e quasi atemporale, ci portano a riflettere su temi da sempre portanti della filosofia umana, del vissuto di ciascuno di noi, del trascorrere rapido delle cose terrene e dell’enorme patrimonio che ci viene dal passato e che purtroppo, talvolta, colpevolmente trascuriamo.

In alcune opere la nostalgia di un tempo antico sospeso tra oriente e occidente assume i connotati della melanconia, come nel lavoro What is dying (quel che sta morendo), in cui pare affiorare una più marcata consapevolezza del logorarsi e corrompersi del mondo che ci circonda, umano e animale, ricordandoci forse la preziosità di equilibri oggi in grave pericolo a causa della voracità dell’uomo, e che viceversa si dovrebbe far di tutto per difendere e mantenere, a far sì che questi valori non divengano in un futuro prossimo solo sbiadite memorie.


Il lavoro di Gulistan, con il suo richiamo al trascorrere dei tempi e al consumarsi delle cose, offre al nostro sguardo la preziosità e l’importanza della vita, il ruolo insostituibile della memoria non rinunciando a stimolare la possibilità di lasciare segni che sopravvivano all’oblio.

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